Foto a Atka (2007)
I testi che accompagnano le foto sono tratti dalle
opere-testimonianze di Shalamov, Bardach, Solomon e dal libro di Conquest. Il colore dei vari testi corrisponde ad
un autore, come qui sopra evidenziato.
Per i riferimenti bibliografici di questi libri vai alla pagina
principale sulla Kolyma.
Ho scelto di commentare le foto non con didascalie sul luogo o su
ciò che si vede, ma con brani tratti dalle memorie di sopravvissuti ai gulag
perché penso sia il modo migliore per contestualizzare lo spazio ed il tempo
dei villaggi e paesi della regione di Magadan, nati tutti come gulag.
Le foto si riferiscono ai primi di luglio del 2007.
Per localizzare i vari paesi
guardate la cartina della strada o la cartina dei gulag della regione.
Quando
si fece più caldo, in primavera, ebbero inizio le notti bianche e nella mensa
del campo cominciarono a fare il terribile gioco del “pesciolino”. Si metteva
su un tavolo vuoto una razione di pane, poi ci si nascondeva dietro un angolo e
si aspettava di veder avvicinare la vittima affamata – uno scoppiato attirato
dal pane – , che toccava, prendeva in mano la razione. Allora tutti saltavano
fuori da dietro il proprio angolo – dall’oscurità, dall’imboscata – e
cominciavano a pestare a morte il ladro, lo scheletro vivente: era una nuova
forma di divertimento, che non ho mai visto da nessun’altra parte oltre che a
Dzhelgala.
Il
successore di Berzin, Garanin, si dimostrò il più crudele e sadico comandante
dell’NKVD che ci fosse mai stato nella Kolyma. Un mio amico, conosciuto all’ospedale
centrale del Ventitreesimo chilometro, mi raccontò della volta in cui Garanin
aveva fatto visita all’ospedale. All’appello, aveva chiesto ai prigionieri se
avevano qualcosa di cui lamentarsi. Quando uno di loro disse che ci sarebbe
stato bisogno di cibo e vestiario migliore, Garanin aveva estratto la pistola ammazzandolo
sul posto.
Un’altra
storia su Garanin veniva dal campo del Quarantasettesimo chilometro. Una notte
arrivò da Magadan.un camion di uomini dell’NKVD. La mattina dopo venne detto ai
prigionieri che quel giorno non sarebbero andati a lavorare. Ci fu l’adunata
per il normale appello del mattino. Solo che i prigionieri vennero contati a
gruppi di dieci e ogni volta il decimo era fatto uscire dai ranghi e mandato in
una baracca. Quando fu radunato l’intero gruppo dei sorteggiati, si tenne un
finto processo, dal quale risultava che quei prigionieri erano colpevoli di
sabotaggio collettivo, attività sovversive e complotto ordito per assassinare
Stalin. Furono tutti fucilati e i loro cadaveri vennero lasciati marcire nel
bosco. Dopo altri due appelli dello steso tipo, centinaia di cadaveri furono
scaricati dove capitava, intorno al campo. Garanin e i suoi uomini fecero la
stessa fine dei predecessori: furono giustiziati nel 1939.
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