Kolyma
Kolyma Kolyma
Колыма
Колыма
pianeta meraviglioso
чудная
планета
dodici mesi d’inverno
двенадцать
месяцев зима
il resto estate остальное лето
Kolyma 5 luglio 2007
Dov’è la Kolyma?
La
regione della Kolyma corrisponde circa all’area evidenziata nella cartina con
il quadrato rosso.
La
Kolyma corrisponde oggi alla regione russa della Magadanskaya oblast, per
estensione pari circa alla Francia. Si estende dal capoluogo Magadan, sulla
costa sul mare di Okhotsk, fino a quattro-cinquecento chilometri all’interno.
Kolyma è il nome del fiume più importante della zona, che sfocia nel mar
glaciale artico dopo aver attraversato la regione in tutta la sua lunghezza. È
uno degli ambienti più freddi del pianeta, come si può vedere anche dalla foto
che ho messo all’inizio di questa pagina, scattata in pieno effetto serra, ma
con le neve d’estate. Non è la norma che d’estate ci sia la neve, ma può
capitare.
Una
breve estate umida e fredda interrompe appena i lunghissimi mesi del rigido
inverno, con temperature che possono arrivare anche a -72° (valore registrato a
Oymyakon, ora molto difficilmente raggiungibile sempre a causa dei cambiamenti
climatici. Potete trovare un approfondimento su Oymyakon a questo link: www.geografiaonline.it/oymyakon.aspx
).
Le correnti fredde arrivano dall’artico e
raggelano queste terre prive di barriere naturali per fermare i venti del nord.
Il cuore della regione è montuoso, domina la taigà e più a nord la tundra. Il
clima è fortemente continentale. Le cime della Kolyma non sono elevatissime, ma
per la latitudine a cui si trovano sono tetre e spoglie di alberi. La regione è
rimasta praticamente disabitata, a parte gli insediamenti di indigeni nomadi,
fino agli anni ’30 del Novecento, quando fu fondata dapprima Magadan e poi le
altre città dell’interno, parallelamente alla scoperta e sfruttamento delle
risorse minerarie.
Clicca qui per cartina, foto, testi
e materiali sulla Kolyma
Dov’è Magadan? Cos’è la
Kolyma? Storia della Kolyma
Questa è la Kolyma! La legge è la taigà e il giudice l’orso!Mai
aspettare di mangiare la zuppa e il pane insieme. Quello che arriva per primo,
si mangia per primo. Ciò che è perso dalle mani è perso per sempre.
(Queste parole rappresentano il discorso con cui il generale
Derevenko, responsabile del Dalstroy dal 1946 al 1953, accoglieva i detenuti
sul molo del porto di Magadan – citazione dal libro di M. Solomon, segnalato in
calce alla pagina)
La
Kolyma è rimasta territorio pressoché intatto fino all’inizio del secolo
scorso. Risalgono al 1910 le prime notizie di ritrovamenti di piccole quantità
di oro. Solo nel 1927 però inizia una minima attività estrattiva, che
coinvolgeva all’incirca 200 persone, lavoratori liberi. Il governo si trovò di
fronte a grandissime difficoltà per la rigidità del clima e la totale mancanza
di infrastrutture. Lo stato sovietico, bisognoso degli introiti derivanti dallo
sfruttamento delle risorse minerarie, rivelatesi favolose, organizzò un piano
per la “conquista” della zona. La soluzione più a basso costo e facilmente
disponibile fu individuata nell’inviare migliaia e migliaia (fino a diventare
milioni) di detenuti a lavorare gratis nelle miniere e nella costruzione della
regione. Nel dicembre 1931 l’organismo statale Dalstroy, apparato dell’NKVD per
lo sviluppo dell’estremo oriente, fu incaricato di portare a termine il
difficile compito. Dalstroy controllava i gulag ed era responsabile anche della
vita civile, in poche parole era un organismo investito da Mosca di qualsiasi
potere nelle zone di esclusiva competenza. L’amministrazione sovietica qui non
operava. Tutto era proprietà Dalstroy, comprese le vite dei detenuti.
Nell’estate
1932 l’operazione ebbe inizio con la fondazione dei primi insediamenti attorno
alla baia di Nagaevo, dove oggi si trova Magadan. Ogni edificio è stato
realizzato tramite l’ausilio dei lavori forzati. Il piano totale era di
un’ambiziosità irrealizzabile e le risorse a disposizione quasi inesistenti, a
parte la massa di deportati. Gli uomini venivano mandati all’assalto della
taigà senza nessun mezzo, con l’ordine della scorta di costruire
strade, ponti, villaggi e lavorare nelle miniere individuate. Senza
rifornimenti e mezzi tecnici, durante il primo inverno morirono praticamente
tutti. Solo a partire dal 1935 si gettarono delle basi più razionali per
realizzare lo scopo. L’obiettivo era ancora quello di estrarre l’oro, in
seguito ciò divenne secondario, in quanto lo scopo primario era l’eliminazione
fisica dei detenuti. Una fitta rete di gulag si
estendeva dal mare di Okhotsk fino a 400-
La
storia della Kolyma come centro per antonomasia dell’arcipelago gulag, polo del
freddo e della crudeltà, un brivido lungo la schiena dei russi in quegli anni,
va dall’inizio degli anni ’30 fino circa alla morte di Stalin (1953).
Queste pagine sono dedicate
alla memoria dei detenuti politici in
primis, ma anche comuni, deportati per lavorare e morire nei giacimenti del
nord. Si moriva di fame, di freddo, di botte subite dai criminali comuni,
reclusi insieme ai detenuti politici, e dalle guardie. Si moriva per il
capriccio di un superiore, di un ufficiale, per le condizioni
del viaggio in treno e poi in nave per giungere a Magadan. Si moriva per le
condizioni di lavoro durissimo. Si moriva per le radiazioni dell’uranio
estratto a mani nude.
Data la
scarsità di materiale su questi luoghi e la loro storia ho sentito il dovere di
limitarne l’oblio fornendo il mio umilissimo contributo affinchè rimanga una
traccia di quanto accaduto. Oggi la Kolyma è un territorio sopravvissuto a sé
stesso e alla sua storia, chi è rimasto cerca di andarsene, l’oro si dice sia finito
o stia finendo, interi paesi di migliaia di abitanti, tutti costruiti dai
detenuti, sono abbandonati alle intemperie, con palazzi di cemento e
infrastrutture che spuntano come sinistri scheletri nelle radure della taigà.
Immagini che ricordano le città abbandonate dell’Ucraina attorno a Chernobyl.
Con la fine dell’URSS la regione si è progressivamente svuotata, essendo venuti
meno i finanziamenti che garantivano la possibilità di vivere a queste
latitudini, i servizi essenziali e tutto ciò che ruotava intorno al sistema
economico precedente. Oggi qualcuno punta
sui territori vasti e disabitati per la caccia, invogliando gruppi di
persone dal Giappone o da altri stati per venire fin qui a uccidere gli
animali…
A parte
le considerazioni ecologiche, queste persone sanno dove si recano? Che suolo
calpestano? Guai a chi abbia il coraggio di recarsi nella Kolyma senza sapere
la portata dell’orrore che li si è consumato. Turisti, cacciatori, sprovveduti,
nessuno ha il diritto di disinteressarsi delle vite spezzate qui solo qualche
decennio fa. Accamparsi con la tenda, pranzo al sacco, foto senza storia,
sorrisi e battute, ecc.ecc…..perchè non vanno a farlo ad Auschwitz??????????
Le informazioni di queste
pagine sono tratte da alcuni libri su cui è possibile documentarsi, anche se
non tutti facilmente reperibili:
- “
-
“L’uomo del gulag. Kolyma i ricordi di un sopravvissuto” Autore: Janusz Bardach,
K. Gleeson, Il Saggiatore , Milano 2001
- “I
racconti della Kolyma” Autore: Varlam Shalamov, Adelphi Edizioni, Milano 1995
-
“Magadan” Autore: Michael Solomon, Vertex books, Princeton N.J. 1971
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